Concerti

Yūgen Quartet

Info

  • Data
  • sabato 6 dicembre 2025
  • Luogo e orario
  • Palazzo Gradari - Sala Pellerini
    Via Gioachino Rossini 26, Pesaro


    Ore 21

  • Yūgen Quartet
  • Simona Cavuoto
    violino


    Małgorzata Maria Bartman
    viola


    Ulyana Skoroplyas
    violoncello


    Nicola Pantani
    pianoforte


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  • Programma
  • Ludwig van Beethoven (1770 – 1827)
    Quartetto per pianoforte n. 3 in Do maggiore, Wo036 n.3 (1785)

    • Allegro vivace (do maggiore)
    • Adagio con espressione (fa maggiore)
    • Rondò. Allegro (do maggiore)


    Gustav Mahler (1860 – 1911)/ Alfred Schnittke (1934 – 1998)
    Quartetto per pianoforte e archi in La minore (1876/1988)


    Gabriel Fauré (1845 -1924)
    Quartetto in Do minore n. 1 per pianoforte, violino, viola e violoncello, Op. 15 (1876 – 1879)

    • Allegro molto moderato (Do minore)
    • Scherzo. Allegro vivo (Mi bemolle maggiore)
    • Adagio (Do minore)
    • Allegro molto (Do minore)
  • Biglietti
  • INTERO €20


    RIDOTTO 

    - Soci WKO €15
    - Familiari e conviventi soci WKO €15
    - Under 18 €10


    MODALITÀ DI ACQUISTO

    1. Biglietteria on-line www.vivaticket.com
    2. Biglietteria Teatro Sperimentale
      - Via Rossini, Pesaro
      - dal mercoledì al sabato
      - ore 17:00-19:30
      - il giorno dello spettacolo a partire dalle 20.00
    3. Prenotazione + bonifico
      WunderKammer Orchestra ETS
      Iban IT45V0623013301000015184073
      Causale "

Il Quartetto n. 3 WoO36 di Ludwig van Beethoven rappresenta un’espressione giovanile e spontanea di musica da camera. A soli quattordici anni Beethoven si cimenta in una serie di composizioni per quartetto con pianoforte, una formazione non concepita per le prestigiose sale da concerto ma per uno spazio più raccolto, familiare, forse addirittura per un salotto privato. Questo tipo di quartetto, meno istituzionalizzato rispetto al quartetto d’archi, era spesso legato al dilettantismo di una benestante e colta classe borghese, al piacere di suonare insieme in un contesto intimo e conviviale. La scrittura ancora lontana dai tratti autoriali che caratterizzeranno il suo secondo periodo ricorda lo stile mozartiano, il tutto si svolge in un clima estremamente cordiale ed educato.

Mutano i secoli e con essi i salotti. È significativo come la musica di Fauré trovi un’eco così naturale nel mondo dei salotti della Belle Époque, come raccontato da Proust. Nei suoi romanzi la musica da camera diventa veicolo di memoria, di seduzione, di intensità interiore. Nella Recerche la “piccola frase” musicale (forse attribuibile allo stesso Fauré) che emerge da quelle serate salottiere — sospesa, sfuggente, evocativa — poteva diventare molto più che un semplice motivo: un catalizzatore di ricordi, di desideri, di mondi interiori.
In questo senso, sia Beethoven con i suoi lavori giovanili, sia Fauré con il suo quartetto più maturo partecipano a una tradizione musicale fatta per il piacere dell’intimità — un piacere che non ha bisogno di grandi platee, ma di orecchie attente, di spazi raccolti, e di una sensibilità pronta ad accogliere il canto discreto degli archi e il tocco del pianoforte.

Nello stesso anno in cui Faurè inizia a scrivere il suo personalissimo quartetto con pianoforte, un giovane Gustav Mahler conclude il suo primo anno di conservatorio eseguendo al pianoforte il primo movimento del suo nuovo brano inedito per la medesima formazione. Ha gli stessi anni che aveva Beethoven quando scriveva il suo Quartetto n. 3, ma a differenza del compositore di Bohn Mahler non porterà mai a termine il suo lavoro. Non completerà mai il quartetto dei suoi successivi movimenti, si limiterà ad abbozzare alcuni schizzi di un possibile “Scherzo” mai realizzato.
Oltre un secolo più tardi, su questa materia incompiuta il compositore russo Alfred Schnittke interviene affrontando i frammenti del movimento successivo come tracce da interrogare più che da restaurare. Il suo non è un tentativo di ricostruzione filologica, bensì un gesto creativo, quasi “archeologico”: il materiale mahleriano rimane riconoscibile, ma viene immerso in una scrittura personale, fatta di contrasti timbrici, tensioni armoniche e sottili deformazioni stilistiche tipiche del suo polistilismo. Ne nasce un dialogo attraverso il tempo, in cui la voce acerba del giovane Mahler viene riletta, amplificata e messa in prospettiva dalla sensibilità del tardo Novecento, illuminando da un’altra angolatura l’immaginario in formazione del compositore.


Michele Fontana